L’open space è diventato nel tempo uno standard per molte aziende: un’unica area aperta che ospita
più postazioni di lavoro, spesso affiancata da zone condivise e salette riunioni.
La sua diffusione risponde a esigenze concrete: ottimizzazione degli spazi, promozione del lavoro
collaborativo, contenimento dei costi. Ma se progettato senza criterio, rischia di trasformarsi in un
ambiente caotico, rumoroso e inefficiente.
In questo scenario, il design dello spazio non è solo una questione estetica. È una leva organizzativa
che può favorire concentrazione, fluidità operativa e benessere diffuso.
Il paradosso dell’open space
L’idea di abbattere muri fisici per favorire la collaborazione nasce da una visione positiva: più
contatto visivo, meno formalità, maggiore condivisione.
Ma nella pratica, molti lavoratori si scontrano con l’effetto contrario: distrazioni continue, difficoltà
a concentrarsi, mancanza di privacy.
La vera sfida, quindi, non è scegliere “open space sì o no”, ma progettare un open space che
funzioni davvero, evitando le semplificazioni che lo rendono inefficace.
Come evitare errori comuni nella progettazione
1. Mancanza di zone funzionali definite
Uno degli errori più diffusi è l’assenza di delimitazioni visive o funzionali tra le varie
attività.
Non basta posizionare scrivanie in file ordinate: serve prevedere micro-zone per
concentrazione, collaborazione, telefonate, relax, archiviazione.
2. Assenza di soluzioni acustiche
Il rumore è tra i principali fattori di disagio negli ambienti condivisi.
Un progetto efficace integra pannelli fonoassorbenti, divisori acustici, materiali ad alta
capacità di assorbimento (a parete, a soffitto, o integrati negli arredi).
3. Layout non pensato per i flussi reali
Postazioni troppo vicine ai passaggi o alle zone comuni generano continue interruzioni.
Uno spazio ben progettato tiene conto dei percorsi naturali delle persone, evitando che il
movimento stesso diventi una fonte di disturbo.
4. Scarsa attenzione alla flessibilità reale
Flessibilità non significa solo poter spostare i mobili. Significa permettere a chi lavora di
adattare lo spazio alle attività, anche nel breve termine: tavoli riconfigurabili, sedute
leggere ma ergonomiche, elementi mobili per creare “confini” temporanei.La centralità dell’arredo
L’arredo non è un elemento decorativo, ma una struttura invisibile che guida la qualità
dell’ambiente.
In uno spazio aperto ben pensato, ogni mobile ha una funzione precisa: facilitare, schermare,
delimitare, connettere.
Ad esempio:
• Divisori fonoassorbenti tra postazioni per garantire privacy visiva e acustica.
• Tavoli modulari per creare configurazioni flessibili, da riunione o da lavoro individuale.
• Sedute ergonomiche su misura per l’utilizzo reale (8 ore al giorno, spesso multitasking).
• Mobiletti e contenitori ad accesso condiviso per evitare ingombri inutili alle scrivanie.
Sottovalutare questi aspetti porta a spazi che sembrano moderni ma non lo sono nella gestione
quotidiana.
L’equilibrio tra apertura e identità
Ogni azienda ha una propria cultura, più o meno orientata alla condivisione. Un open space efficace
non è solo silenzioso o ben illuminato: è coerente con il modo in cui le persone vivono il lavoro.
Per questo, la progettazione dovrebbe partire dall’ascolto delle reali esigenze operative, dei ruoli,
dei flussi di comunicazione interni.
Un reparto tecnico non ha le stesse esigenze di un team creativo.
Un’area amministrativa ha dinamiche diverse da uno studio legale.
L’ambiente deve adattarsi, senza forzare.
Perché conviene investire in un open space ben progettato
Quando funziona, un open space può generare vantaggi significativi:
• migliora la collaborazione orizzontale
• velocizza la circolazione delle informazioni
• aumenta il senso di appartenenza e trasparenza
• ottimizza i metri quadri, senza sacrificare il comfort
Ma questi vantaggi non sono automatici. Vanno costruiti, progetto dopo progetto, con attenzione e competenza.